Visitando una chiesa sperduta nel verde… 

Accompagnando i nostri ragazzi…

In queste settimane,
stanno riprendendo tutti percorsi di formazione dei nostri ragazzi.

Abituati a chiamarli catechismo, sappiamo che si tratta di molto di più.
Si tratta di spalancare il cuore dei nostri piccoli,
di accompagnare i nostri adolescenti nelle grandi domande della loro età;
si tratta di accompagnarci ai nostri giovani
nelle grandi scelte che la vita ci propone.

Mi piace riassumere questi cammini dicendo che
si tratta di scoprire i quattro pilastri della vita cristiana:
preghiera, ascolto della Parola di Dio, celebrazione dei sacramenti (in parti­colare l’eucaristia); vita di carità.
Il racconto che segue può aiutarci ad entrare in questo clima…

  

Dovemmo scarpinare un bel po’ per raggiungere quel monastero posto quasi in cima alla collina.
La “guida del Touring” ne parlava come di una costruzione molto antica, forse già del settimo-ottavo secolo, anche se aggiungeva: “non ne rimane che una chiesa un po’ malandata”.

La gente del luogo non sapeva darci grandi informazioni, non ne sapeva nulla, se non che su quella collina abitava un vecchio, forse un frate; vi conduceva vita ritirata e, accanto sì, ci doveva essere una chiesa un po’ diroccata.
Entrammo; era una Chiesa piccola, bisognosa di molti restauri; non mancava un certo odore di muffa; ma aveva molto fascino e ci colpì il fatto che pur molto piccola fosse a tre navate, con solo quattro colonne.
“Questa non è una Chiesa come tante…, – disse fratel Egidio – bisogna conoscerne la storia!

Le colonne per esempio… Sono una catechesi vivente!

Venite, venite; osservate questa, alla destra dell’altare”.
La toccò con delicatezza, poi con le nocche della mano destra bussò sul tronco: “ Sentite, è di legno; guardate il capitello: sembra un albero frondoso”.»
«La vollero come simbolo della parola di Dio, che è un albero dove ognuno può trovare ristoro; un albero lussureggiante; basta saper creare un po’ di silenzio, basta fermarsi in contemplazione… e subito la mente sente pace e freschezza ed è pronta a produrre mille frutti diversi”.

 

Questa,-si era spostato qualche passo a sinistra dell’altare – questa, ripeté, è invece di silicio!
Si inchinò sino a terra, estrasse un sasso dalla tasca, lo sfregò contro la base: “Vedete fa ancora scintille; è infatti una colonna di pietra focaia. Ecco perché il capitello sembra avvolgerla in un insieme di fiamme.
L’hanno voluta come simbolo della preghiera, capace di infiammare il cuore degli uomini quando vi si applicano; capace soprattutto di infiammare il cuore di Dio che brucia d’amore per noi, se solo ci apriamo a Lui”.

Ci invitò a indietreggiare qualche passo, verso la seconda colonna di sinistra.
Era, a nostro modo di vedere, la più bella: il marmo era ricoperto con mille intarsi di mille colori; un vero mosaico; la colonna non saliva dritta come le altre; era come se fossero quattro colonne che si attorcigliavano…
“Peccato – mi azzardai a dire – quel pezzo là in alto un po’ rovinato!” (Vi era una macchia bianca in alto senza mosaici).

“No, no – si infervorò fratel Egidio – non dica così; questa è la colonna della carità; guardi le singole tessere; non sono
tessere di mosaico; sono cocci, fondi di bottiglia, pezzi di scarto;
tutta roba che gli uomini buttano; la carità li prende tra le sue mani d’artista e con un po’ di luce li trasforma…
Quel pezzo scrostato è un “non finito” come usano spesso gli artisti anche moderni, perché manca sempre qualcosa alla carità!

Mentre parlava, era andato verso un piccolo altare laterale a prendere un cero. Lo fece passare dietro la colonna, più volte, su e giù; gli occhi gli si illuminarono (ma forse era l’effetto della candela!).
“Vedete, vedete – continuava – con un po’ di fuoco questa colonna sembra stillare miele” (effettivamente le trasparenze di questa pietra retroil­lu-minata, sembravano mie­le che stava colando); avvi­cinò ancor più la can­de­la alla colonna:
“Vedete con un po’ di luce questa colonna diventa fuoco!
…Ah! L’eucaristia che grande dono, che grande dono!
Ci vuole la forza della Carità,
ci vogliono la luce della Parola, e il fuoco della preghiera per gustarla…
Questa è davvero la colonna più preziosa!
Dopo qualche minuto di silenzio, dovuto un po’ al rispetto,
un po’ all’imbarazzo di fronte a tanto entusiasmo
e a tanta bellezza, mi permisi:
“Ma, perché questi nastri colorati, che sembrano per giunta stonare un po’?”.
Ad ogni colonna infatti era legato un nastro di diverso colore: uno verde per la colonna della Parola; uno rosso per la preghiera della Carità; un nastro blu per la colonna della Preghiera; uno dorato per la colonna dell’Eucaristia.

“Non guardate solo con gli occhi della vuota estetica!
Entrate nel mondo dei simboli!
È la parola che tiene viva la chiesa, la mantiene in una continua primavera” – disse segnalando il nastro verde
“E’ il fuoco della carità che la costruisce” e indicava il nastro rosso.
“È la preghiera che ci apre uno squarcio di cielo”; oro, oro purissimo è l’Eucaristia: Dio stesso che viene in me!” sospirò mostrandoci il nastro dorato.

Per riflettere…

Ciascuno di noi è parte della Chiesa e deve sviluppare questi quattro ”pilastri”. Tutti facciamo fatica a tenerli insieme. Ne abbiamo sempre qualcuno un po’ scrostato se non assente. Qual tra i quattro pilastri è il più solido nella vostra vita cristiana? E quale quello più “scanchignato”?

1. Pilastro dell’Ascolto? Che rapporto ho con la Parola di Dio? Dove la incontro? C’è una bibbia, o almeno un vangelo in casa?

2. Preghiera: Quando prego? Che tipo di preghiera faccio di solito? (richiesta di aiuto, intercessione, ringraziamento?) Qual è la forma più nobile? Quale vostra scelta avete fatto nascere dalla preghiera?

3. E’ giusto parlare di “obbligo” quando si parla dell’andare a messa? Avete un’altra parola per salvaguardare questo pilastro?

4. Come vivete il pilastro della Carità? Ci sono gesti precisi; pensieri che coltiviamo; blocchi da sciogliere?